I vini dell'Emilia Romagna

I VINI DELL’EMILIA ROMAGNA

L’Emilia Romagna, con le sue diciannove DOC - Denominazione d’Origine Controllata, due DOCG - Denominazione d’Origine Controllata e Garantita, le nove IGT - Indicazione Geografica Tipica e ben 664 sottodenominazioni, dati ISMEA - febbraio 2014, è la terza regione italiana per vino prodotto.
In Emilia Romagna di vino se ne produce tanto, anzi, tantissimo! Secondo tali dati, la vendemmia 2013 ha dato una produzione di 7904838 hl, il 17% della produzione nazionale totale, con un’area produttiva di 51651,9 ha, il 7,89% del territorio totale vitato nazionale, superata solo dal Veneto, 84440976 hl, e dalla Puglia, 8079994 hl.
Si tratta di una varietà molto ampia, ma anche in forte crescita qualitativa. Il settore, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, è stato interessato da un serio ed approfondito processo di riorganizzazione e di qualificazione delle produzioni.
Sono progressivamente diminuiti i volumi e parallelamente, è notevolmente aumentata la qualità dei vini che oggi sono in grado di confrontarsi con le migliori e più blasonate produzioni italiane ed internazionali. Tutto ciò è ampiamente confermato, anno dopo anno, dalle positive recensioni della critica specializzata ed i numerosi riconoscimenti da parte delle principali e note “guide” dei vini nazionali ed esteri.
La produzione emiliano-romagnola è caratterizzata da un ottimo rapporto prezzo-qualità a livello nazionale: ciò ha permesso di conquistare ampi ed importanti quote di mercato. La globalizzazione e la sempre maggior concorrenza di nuovi paesi produttori, impongono ai vini emiliano-romagnoli la viva necessità di una costante ricerca qualitativa onde confermare ed ampliare gli spazi di mercato già conquistati.
Una delle leve di maggior valore e istintività, è rappresentata dalla valorizzazione dei viti autoctoni: impegno che, col supporto dell’attività di ricerca e sperimentazione promossa dalla Regione Emilia-Romagna, ha caratterizzato l’attività di molti produttori, con importanti risultati sul piano della qualità e, da non sottovalutare, del riscontro economico.
Grandi vini come il SANGIOVESE DI ROMAGNA, l’ALBANA DI ROMAGNA, primo bianco ad ottenere, nel 1987, la G di Garantita, o come il PIGNOLETTO COLLI BOLOGNESI DOCG nelle squisite tipologie, niente meno che il “pinus læto” enunciato da Plinio il Vecchio nel lontano I° sec d.C. nel famoso trattato “Natutalis historia”, il LAMBRUSCO di Sorbara o il Salamino di Santa Croce ed il Grasparossa,  la MALVASIA DI PARMA oppure il GUTTURNIO COLLI PIACENTINI: oltre a testimoniare il forte e sentito legame tra prodotti enologici ed il territorio d’origine, immancabilmente rappresentano un importante catalizzatore per la formazione di aggregazioni promozionali e commerciali tra le imprese di settore.
Enti come i numerosi ed attivi Consorzi di Valorizzazioni e “Le Strade dei Vini e dei Sapori”, hanno avviato importanti ed incisive iniziative per favorire l’affermazione dei valori della nuova enologia emiliana-romagnola.
In nessuna regione dell’italico territorio dedita al vino, come in Emilia-Romagna convivono tante anime diversissime tra loro. Vini dal taglio semplici ed immediati, magari spumeggianti come il sanguigno lambrusco da una parte, e grandi, potenti e strutturati rossi per un lungo affinamento, soprattutto il sangiovese dalle ottime sottozone, insieme a splendidi e personalissimi bianchi dal marcati e vivi riflessi dorati.
Piccoli viticoltori che ancora oggi alternano i filari d’uva maritati ad olmi o ai rari gelsi ancora produttiferi, a fazzoletti di seminativo, oppure più note aziende con strutture all’avanguardia e gestione dei vigneti, in campo internazionale, in cui spesso le lavorazioni sono completamente meccanizzate. Piccole cantine curate e preziose come gioielli, generalmente condotte famigliarmente, con poche migliaia di preziose bottiglie prodotte, accanto a veri colossi di produzioni con milioni di bottiglie esportate in tutto il mondo: in comune hanno la particolarità di essere apprezzate e conosciute nel grande e conosciuto mondo enologico. Dalle vigne piantate su suoli sabbiosi nelle vicinanze del mare, come nella zona del Bosco Eliceo, siamo nel cuore della “bassa” ferrarese, nelle fertili pianure padane oppure nelle pregiate aree collinari e pre-appenniniche: le condizioni climatiche e di terreno, non potrebbero essere più diverse le une dalle altre.
E il futuro? Ciò che potrà accadere nell’immediato futuro, nella realtà vitivinicola emiliano-romagnola,
è strettamente condizionato da più ampi panorami e nodi contemporanei.
I mercati internazionali, ad esempio, registrano una consistente contrazione dei consumi e delle aree vitate, mentre è in crescita costante la domanda di vini italiani sul mercato nazionale con l’immancabile intensificazione della concorrenza a livello globale. In ambito nazionale, dopo anni di esaltazione dei vitigni autoctoni, finalmente si è compreso che il “discorso” non può e ne tanto meno, fermarsi lì. Le numerose varietà vitivinicole territoriali, in un’Italia ricca di sorprese seducenti e di enologi preparati e competenti, non può separarsi da un complesso, intelligente e costante lavoro che va attivato in vigna, prima, per proseguire poi in cantina, e dalla cantina ai mercati. A livello locale non può essere tenuta nascosta la marcata disparità, purtroppo ancora riscontrabile, tra le due diverse aree geografiche che compongono l’Emilia Romagna.
Le differenze storiche tra i due territori, almeno in campo vinicolo, sono ancora marcatamente riscontrabili. Sono accentuate difformità che, piuttosto che essere rimosse, in nome dell’esaltazione, più politica che legata al gusto, di un’astratta e globale unitarietà regionale, andrebbero invece rivalutate come un singolare patrimonio iridescente di varietà, eterogeneità e diversità che uno stesso distretto geografico è capace di offrire.
La decisa e notevole presenza di vitigni francesi, seconda solo alla diffusione del lambrusco, affiancata da poche varietà autoctone che caratterizza l’Emilia, si affianca alle varietà tradizionali di una Romagna fatta di sangiovese, albana e trebbiano. Inoltre, non vi è nessun dubbio che, almeno per il momento, sia soprattutto quest’ultima, la Romagna, a dimostrare maggiore dinamicità, accanto ad una spinta propulsiva più marcata ed a offrire risultati più esaltanti.
C’è da augurarsi che, in tempi brevi, quello straordinario laboratorio sociale, economico, imprenditoriale che questa regione è stata capace di essere negli ultimi settant’anni della sua storia, sappia trovare, anche  nella qualità dei suoi vini più prestigiosi, una bandiera da proporre con orgoglio al mondo. E’ auspicabile che tutto ciò possa accadere in tempi brevi anche per consentire a questa regione, ed ai suoi abitanti, di rintracciare, nei propri vini che sono soprattutto storia, tradizione, memoria e cultura, la propria identità ed i personali coloriti profili.
E’ una prospettiva non impossibile, ma perfettamente perseguibile, anche perché ormai la produzione vitivinicola emiliana-romagnola ha tutte le caratteristiche per essere, non solo protagonista dei mercati internazionali, ma pure un forte e gradevole elemento attrattivo per il turismo, così pure come accade da tempo in altre regioni del nostro paese.

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